mercoledì 15 aprile 2009

Oltre le immagini il cinema è scuola

Sabato 18 aprile ore 9 presso l'Auditorium del Museo Provinciale Sigismondo Castromediano di Lecce , VII edizione del Convegno " Cinema filosofia psicoanalisi",sarà presentato il volume 'Oltre le immagini il cinema è scuola' di Maria Acierno e Silvana Forchetti.

mercoledì 8 aprile 2009

DA 'IL DOLORE ' DI MARGUERITE DURAS

Commento di Giorgio Leaci a: ‘Lo spazio dell’attesa e la perdita dell’identità di senso nella vita.’
di Silvana Forchetti , riflessione sul testo di Marguerite Duras .


Cara Silvana,

ho iniziato a leggere, nel silenzio della mattina, ed inciampo in una frase che rileggo più volte. Per ora non riesco ad andare avanti. La trascrivo,quindi:
Qualcuno ha parlato della sua (di M. Duras) estetica della goffaggine e di passione sospesa. Di luoghi della crisi,direi io. Ma in evoluzione, come poiesis. Di capacità di creare percorsi, da dentro. Emovere. E poi tornare a sé. Vedersi. La memoria dell’attimo. Funzione di collegamento tra interno-esterno e il resto. Costruzione del reale e dell’ideale – tra illusione e capacità di disillusione. Nel corpo reale, nella propria casa, “castello, paese, città, nazione, clan, tribù: nella moltitudine di un mondo proprio” (Resnik, 1984), verso quella regione, proprio quella in cui far esistere la parte migliore di sé.
Sono solo tredici righe, ma dense, condensate, con-densate, CON-SENSATE .

Poi –complice il copia/incolla – assottiglio:
Qualcuno ha parlato della sua estetica della goffaggine e di passione sospesa. Di luoghi della crisi,direi io. Ma in evoluzione, come poiesis. Di capacità di creare percorsi, da dentro. Emovere. E poi tornare a sé. Vedersi. La memoria dell’attimo. Funzione di collegamento tra interno-esterno e il resto. Costruzione del reale e dell’ideale – tra illusione e capacità di disillusione.
Ho lasciato fuori –e un po’ mi dispiace- la moltitudine del mondo proprio del Sig. Resnik e –ancor di più- quella regione, proprio quella in cui far esistere la parte migliore di sé.
Perdonami, ma è frutto di personale confusione (fraintendimento, o cos’altro?)
fra pre-supposti ed obiettivi !

Ma cosa sto facendo? Sto sezionando un capello, oppure …
Qualcosa mi spinge a tagliare ancora, e nella forbice cade anche qualcosa di importante. Mi riferisco al collegamento tra interno-esterno e il resto (conservalo tu, anche per me …!)

In conclusione:
Di luoghi della crisi,direi io. Ma in evoluzione, come poiesis. Di capacità di creare percorsi, da dentro. Emovere. E poi tornare a sé. Vedersi. La memoria dell’attimo.

A chi
(tra i signori Duras – Resnik – Forchetti) appartiene la paternità del verbo EMOVERE ?!

E’ BELLISSIMO.
Mi sembra la vetta, o – se puoi reggere l’affronto- l’incrociare la visione della curva uroborica !!


E – E- E- E- E- E- E- E- E si amplifica nella mia mente e ---E--- mi sovviene, prepotentemente e chiedendo un’egoistica esclusiva, un frammento di V. Bodini
(lo cercherò dopo anche perché, a piedi nudi, inizio a congelare !!!).

Tornerò dopo.







II tempo
Riprendo a scrivere in maniera più distaccata e per dirti che mi sono affacciato alla finestra-specchio della mia libreria, dove -maggiormente in passato- ho cercato, e talvolta trovato, conforto e confronto.
Cercavo, a parte il verso di Bodini, il libro di Vincenzo Consolo, del quale ti ho accennato ieri sera.
Mi si apre a pag. 24 (non da solo ma a causa della evidente piegatura impressa al volume dalla persistente frequentazione della pagina). Fartene una fotocopia NON MI BASTA e quindi trascriverò, a mo’ di fotocopia e quale mio contributo ai materiali del tuo progetto, anche questa:

mia metafora, che riguarda l’esistenza umana in generale, ma in particolare, l’esser nati in Sicilia. Ma tutta l’Odissea, sappiamo, è una metafora della vita, del viaggio della vita. Casualmente nasciamo in un’Itaca dove tramiamo i nostri affetti, dove piantiamo i nostri olivi, dove attorno all’olivo costruiamo il nostro talamo nuziale, dove generiamo i nostri figli. “La racine de L’Odyssée c’est un olivier” dice Paul Claudel .

NICOLAO: C’è un ulivo anche alla base della nostra odissea odierna …

CONSOLO: Alla base della nostra odissea moderna credo che ci sia solo l’olivastro, l’olivo selvatico: tempesta e naufragi, inganni o oblii, mutazioni, regressioni, perdite. C’è il ritorno del barbarico e mostruoso mondo dei Ciclopi o dei pirandelliani Giganti della montagna (anche lì, la soluzione del mito è nella comparsa di un olivo saraceno).
Annie Bonnafé, nel saggio L’olivier dans l’Odyssée, analizza i momenti e le situazioni in cui l’olivo compare nel poema, ne dà una sua personale interpretazione. A me interessa qui quella che trova Odisseo appena messo piede, dopo la tempesta e il naufragio, nell’isola di Scheria, nella terra dei Feaci. Cito nella bella traduzione di Giovanna Bomporad:

… e tra due folti
cespugli si infilò, nati da un ceppo
l’uno di ulivo e l’altro di oleastro.

Là sotto Ulisse si nascose; e subito
si ammonticchiò con le sue mani un largo
giaciglio: c’era un cumulo di foglie
cadute …


L’ulivo e l’oleastro, o l’olivo e l’olivastro (nella dizione più esatta che suggerisce Nencioni) che spuntano dallo stesso tronco. “In lui (in Ulisse) il ‘selvatico’ e il ‘coltivato’ non si combattono: al contrario, si completano. Essi si uniscono in lui armoniosamente come il ceppo materno e quello paterno: come l’olivo selvatico e quello coltivato spuntano dallo stesso tronco per offrirgli riparo nella boscaglia feacica ed aiutarlo a rinascere” scrive la Bonnafé. Ecco, nell’odissea moderna è avvenuta la separazione tra il selvatico e il coltivato. L’olivastro ha invaso il campo. Ulisse non può più seppellirsi sotto le sue foglie, dormire, morire e rinascere. Raggiunta Itaca, si accorge che l’isola è ormai distrutta, che lì ormai né Penelope né Telemaco






III momento (più personale)

Il caso, ancora lui.
Il caso ha voluto che, insieme al libro di V.Consolo e M. Nicolao - Il viaggio di Odisseo (con introduzione di Maria Corti), mi sia venuto alle mani un altro libro di cui avevo dimenticato l’esistenza (probabilmente sono stato attratto dalla vicinanza dei dorsi e dal titolo!) e, ancor più casualmente, nel risvolto del libro con mio stupore, scritto di mio pugno (e di questo ti farò la fotocopia) ho trovato e trascrivo quanto segue, non prima, però, di una piccola avvertenza: il testo è fedelmente copiato, mentre il titolo è di oggi (è anche felicemente il titolo del libro e, a distanza di oltre dieci anni, lo unisco al mio testo e, l’uno e l’altro, Te li dedico) :


Parole nel tempo


Scrivere
Amare
Dare
Dilatare

Allenamento

Moltiplicare
quello che
sei tu

Accorgersi
del tempo

Labirinti di cose







IV (in fine)

Empivamo di vocali una verde bottiglia
Vittorio Bodini




Giorgio Leaci

7 marzo 2009