giovedì 26 marzo 2009

Benvenuti a tutti i lettori e sostenitori del nostro blog!

Ispirazione ed entusiasmo non mancano per questa iniziativa di ricerca in ambito psicologico, sociologico, filosofico e pedagogico.
Siamo felici di non mettere limiti alla creatività di quanti vorranno collaborare con noi!

Silvana.

Il bambino e il gruppo. I gruppi di danzaterapia a scuola.

Secondo Lapierre e Aucouturier, “La concezione psicomotoria, normativa e razionalista, delle “carenze”, si prefigge di far ripetere le tappe mancate dello sviluppo psicomotorio del bambino individuate da parametri che sono in stretto contatto con le preoccupazioni scolastiche tradizionali: 1) la coordinazione statica e dinamica riprende le finalità dell'educazione fisica; 2) la coordinazione oculo-manuale è in stretto rapporto con la finalità legata al grafismo e alla scrittura; 3) la strutturazione spazio-temporale viene collegata alla lettura e alla matematica… Ma tale concezione non dà spazio alla libera espressione… predisponendo “razionalmente” il bambino ad una pratica da far seguire”, (1984). La danzamovimentoterapia nel raggiungimento di quelle stesse finalità (e non solo) avvia alla libera e creativa espressione, in setting semistrutturati di gioco/danza/movimento in gruppo. La dimensione del gruppo per il bambino è una dimensione essenziale. Infatti la sua evoluzione dipende dal suo inserimento nel gruppo, poiché la dinamica del gruppo può essere un fattore evolutivo nelle varie fasce di età, e noi abbiamo lavorato sia nella fascia di età dai tre ai cinque anni, che in quella dai sei ai sette anni, fino a quella dei dieci anni. Certo il lavoro svolto deve essere orientato alla ricerca della comunicazione, dell'accettazione dell'altro, della relazione, della cooperazione nel gruppo. Nella nostra pratica pedagogica con la danzaterapia abbiamo dato avvio, mediante l'attività motoria in parte guidata, a quel “monologo collettivo” descritto da Piaget nella fascia dai quattro ai sei anni, lasciando più spazio alla libera espressione per l'età di latenza (6/10 anni) in cui i gruppi vengono tenuti insieme con attività e giochi proposti ma anche con spazi per altri versi non del tutto strutturati e lasciati all'improvvisazione ed alle dinamiche interattive della comunicazione verbale e non verbale. (Foulkes, Anthony, 1957). L'intento è stato quello di proporre uno spazio del gioco e della creatività in setting semistrutturati, con la stessa metodica di intervento ripetuta due volte a distanza di alcuni giorni una dall'altra, con lo stesso gruppo, rilevando i dati osservati, l'analisi dei comportamenti, proponendo nuove direzioni di ricerca per affrontare ed entrare in contatto con i problemi emergenti. Abbiamo quindi lavorato in incontri di un'ora e mezzo, nel medesimo setting suddiviso in tre scene diverse in sequenza:

  • prima scena, gruppo con le insegnanti e la conduttrice (scambio verbale sui problemi emergenti del gruppo di bambini e scelta del tema stimolo su cui lavorare)
  • seconda scena, gruppo con le insegnanti, la conduttrice ed i bambini (scambio in prevalenza motorio nel ‘laboratorio espressivo relazionale’, sul tema –stimolo stabilito, composto dalle seguenti fasi: accoglienza, riscaldamento, esplorazione del tema,composizione, saluto
  • terza scena, gruppo con le insegnanti e la conduttrice dopo l'esperienza (scambio verbale con feed back di ritorno sull’esperienza compiuta).

Il tema ricorrente è stato centrato sul lavoro del gruppo in una visione che privilegia la prospettiva gruppo analitica, nel considerare i tre livelli di terapeuticità del gruppo come segnalato da Foulkes ed Anthony, (1957), che descrivono:

al I° livello Gruppi di attività strutturati da un'attività o da un compito da realizzare con finalità terapeutica (per es. sport, danza, musica, giochi vari, occupazioni centrate sulla espressione guidata o spontanea ecc.) il cui presupposto è “appartenere o essere in gruppo

al II° livello Gruppi terapeutici propriamente detti: in cui oltre al compito si dà valore alle modalità relazionali con cui esso si attua. Interessa “non tanto quello che si fa ma come si fa” e quindi il presupposto terapeutico è: attuare in gruppo, partecipare e condividere nel gruppo. Nei fattori terapeutici si privilegia l’apprendimento interpersonale e la socializzazione

al III° livello La psicoterapia di gruppo, che non comprende alcuna attività strutturata, poiché il compito ad essa connesso è esclusivamente la psicoterapia. Il presupposto terapeutico è cambiare nel gruppo e nella verbalizzazione libera e spontanea vi è il principale mezzo di comunicazione. Qui l'agente terapeutico è il gruppo, (Ondarza Linares, 1999). Per quanto riguarda i gruppi con i quali abbiamo lavorato con la danzaterapia durante questa esperienza, possiamo dire che essi si sono caratterizzati per la loro collocazione nella rete istituzionale (la scuola) e nella matrice di appartenenza data dal progetto “Diversamente abili ugualmente abili” all'interno delle attività della scuola e con la partecipazione delle insegnanti e degli alunni.Inoltre la loro collocazione, tra i tre livelli terapeutici fin qui descritti, si trova situata sia nello specifico dei “Gruppi di attività” che in quello dei “Gruppi terapeutici propriamente detti”. E' stata privilegiata l'ottica gruppoanalitica nell'approfondimento, evidenziazione, trattamento, dei processi sovente conflittuali tra individuo e gruppo, considerando le dinamiche esistenti come opera di tutto il gruppo e attraverso il gruppo. In particolare in quanto gruppi di attività, centrati quindi sulla attività del movimento corporeo e della danza secondo le tecniche danzaterapeutiche, è importante sottolineare che appartenere e agire nel gruppo sia stato il primo presupposto terapeutico, attivando tra i fattori terapeutici segnalati da Yalom (1974), instillazione di speranza, universalizzazione, altruismo, catarsi, tendenza coesiva di gruppo. Secondo le implicazioni psicodinamiche in quanto “organizzazione (Mc Dougall, 1927), dipendenza da un leader o da un compito (agire subordinato)”. Secondo le indicazioni del gruppo di sostegno e di riabilitazione. Tali elementi dei “Gruppi di attività” sono stati accostati agli elementi riguardanti i “Gruppi terapeutici propriamente detti” e quindi al “cosa fa il gruppo (si è aggiunto) anche il come lo fa” in un'attività privilegiata: la danza, l'espressione corporea, vari tipi di performances con drammatizzazioni, giochi, ecc. Oltre perciò all'appartenere, essere e agire in gruppo, si è aggiunto il “partecipare e condividere nel gruppo”, potenziando i fattori terapeutici insiti nell'apprendimento interpersonale o socializzazione, e tra le implicazioni psicodinamiche la “reazione speculare positiva e l'attivazione in un contesto organizzato di fattori psicodinamici egosintonici”. (ibi)Per quanto riguarda le indicazioni cliniche, siamo sempre all'interno della terapia di appoggio, della riabilitazione, più o meno trasformativa, in cicli di incontri di breve durata. Consideriamo perciò che abbiamo lavorato nel gruppo come struttura o contesto temporo-spaziale e sul processo gruppale suscitato attraverso la tecnica della danzaterapia il cui vertice di comunicazione coincide con i linguaggi espressivi del corpo e delle relazioni tra i corpi, in un setting stabilito. Abbiamo ritenuto che lavorare in gruppo fosse un fattore evolutivo verso la ricerca dell'accettazione di sé, dell'altro, della relazione di aiuto, della strutturazione di un gruppo cooperativo, sia tra conduttrice ed insegnanti che con e tra i bambini, “abili e diversamente abili, ugualmente abili”. Abbiamo avviato una pratica pedagogica che individuando i problemi di ciascun gruppo di bambini e valorizzando il tema da esplorare insieme, facesse da ponte tra la “situazione” proposta dall'adulto e la consegna degli esercizi espressivi e psicomotori; che approdasse all'attività spontanea, al gioco creativo, al'interazione psicodinamica tra i bambini e gli adulti, verso la scoperta della infrastruttura simbolica latente nell'azione spontanea e nell'impatto cognitivo, emozionale, affettivo reso possibile dal contesto vissuto. L'educazione e la cultura nei gruppi di danzaterapia, come da noi sperimentati, afferisce ad una concezione dello sviluppo psicomotorio del bambino e di quello psicoaffettivo e linguistico che coglie nella dimensione relazionale la base delle proprie conquiste maturative. In questo senso, i gruppi hanno una valenza terapeutica in quanto tendono a valorizzare le possibilità espressive e relazionali dei diversi vissuti soggettivi, nel contesto in cui dalla gruppalità emergono individui in grado di sperimentarsi in modo più autentico, giocando sulla spontaneità e sulla scoperta.